Intervista al Prof. Arch. Fabrizio Vescovo
di Iginio Rossi
In copertina Fabrizio Vescovo. Foto Sebastiano Rossi
Estate Romana, Isola Tiberina 2004. Opera provvisionale: ascensore da cantiere che consente l’accesso anche a persone anziane o con disabilità
Ministero dei Beni Culturali. Restauro e miglioramento dell’accessibilità di Villa d’Este e del suo giardino storico, Tivoli 1999-2002. Le sistemazioni delle superfici permettono due modalità di accesso
Ministero dei Lavori Pubblici. Linee guida per il raccordo tra superamento delle barriere architettoniche e il Codice della Strada e dell’arredo urbano, 1980-1987. Soluzioni per la fermata di autobus urbano
Ministero dei Lavori Pubblici. Linee guida per il raccordo tra superamento delle barriere architettoniche e il Codice della Strada e dell’arredo urbano, 1980-1987. Soluzione per il collegamento tra due diverse quote tra zona a verde e strada
In Accessibilità e barriere architettoniche (Maggioli Editore, 1990) si affronta anche l’accessibilità della aree archeologiche. Ostia Antica, la segnaletica per tutti. Foto Andrea Montironi
Ufficio per la Città Storica, Dipartimento Politiche della Programmazione e Pianificazione del Territorio, Comune di Roma, 2006. Trasversale del Gianicolo, progetto preliminare di valorizzazione delle pendici e dell’invaso fluviale
Casa Agevole, alloggio di 60 mq, Regione Lazio 1998
Intervista: I.Rossi-F.Vescovo
Cosa non hai fatto che avresti voluto fare? “Una corsa nei prati”, confida con ironia non potendola realizzare per le sue difficoltà motorie. Però nei ‘prati’ culturali e disciplinari corre delle prolungate ‘Granfondo’. È forse questa la metafora che meglio inquadra l’architetto romano Fabrizio Vescovo. Per sintetizzare la sua attività non sono sufficienti due ore di dialogo all’interno di una stanza affacciata sul Tevere che sembra scorrere con forza tra libri e documenti che stanno impilati ovunque. La sua dimensione socioculturale è un fiume in piena dal quale emergono elaborazioni e proposte con ritmi che ricordano le armonie spiazzanti del jazz, la sua musica preferita, nonché il vento della passione che “soffia ancora”, come cantava negli anni Settanta il suo amico Pierangelo Bertoli.
È considerato il padre della progettazione per tutti, il suo lavoro è il punto di riferimento per chi affronta la città inclusiva. Ma ha degli avversari, “chi vende prodotti specializzati per le persone con disabilità”.
Fa parte dell’Osservatorio sull’Accessibilità di Roma e Provincia, costituito dall’Ordine degli Architetti PPC della capitale nel 2015 per la Progettazione Universale. Dirige “Progettare per tutti senza barriere”, il Corso di formazione post laurea per architetti e ingegneri presso la Facoltà di Architettura Valle Giulia, Università La Sapienza. Recentemente ha promosso lo spazio collaborativo denominato “Città accessibili a tutti” proposto dall’Istituto Nazionale di Urbanistica.
L’Architetto Com’è nata questa militanza?
Fabrizio Vescovo Negli anni Settanta, istruendo per l’approvazione come architetto urbanista i Piani regolatori generali, prima nell’ambito del Ministero dei Lavori Pubblici e poi per la Regione Lazio, ho preso atto che generalmente gli strumenti comunali di pianificazione ignoravano l’aspetto della qualità dello spazio urbano collegato all’accessibilità, mobilità e comfort, aspetto che purtroppo vivevo in modo diretto. Così nella stesura della Legge Urbanistica regionale, LR n.72/75, sono riuscito a fare accogliere un’integrazione relativa alle norme tecniche sull’obbligo di rendere accessibili tutti gli spazi pubblici anche alle persone con difficoltà di movimento.
Era necessario dare attuazione alle disposizioni della legge n.118 del 1971. È stata la prima volta in Italia che un ordinamento declinava nelle sue norme l’obbligo, per le amministrazioni comunali, di provvedere nei loro strumenti urbanistici al raccordo tecnico-normativo tra accessibilità e pianificazione attuativa.
L’A Com’è andata a finire?
FV Ho avuto modo di coordinare, nell’ambito dell’Assessorato all’Urbanistica, un settore che si occupava specificamente del rispetto delle normative sull’accessibilità, verificandone anche i risultati. Nel 2000 ho condotto un Progetto speciale interassessorile ”Città per tutti: accessibilità, mobilità e comfort ambientale”. Con questo strumento abbiamo consolidato il ruolo dell’Area Pianificazione.
L’A Ci sono state stagioni positive nel corso del tuo impegno nella pubblica amministrazione?
FV Nello stesso anno della caduta del Muro di Berlino viene promulgata la legge n. 13/1989 che affronta la progettazione senza barriere architettoniche nell’ambito dell’edilizia privata e negli spazi esterni. Pochi mesi dopo il Decreto ministeriale n. 236/1989 definisce le prescrizioni tecniche necessarie a garantire l’accessibilità, la visitabilità e l’adattabilità degli edifici privati e di edilizia residenziale pubblica. Così è anche caduto il “muro d’indifferenza” che aveva caratterizzato fino a quel momento l’Italia, liberando un’attività positiva di confronto durata circa 15 anni. Quasi una moda. Poi il livello di attenzione generale è lentamente tornato indietro, si è persa la spinta etica e si sono assunti anche i conseguenti rischi professionali ignorando spesso le norme. Da cinquant’anni sono iscritto all’albo dell’Ordine degli Architetti di Roma e ho modo di riscontrare spesso discrasie tra le disposizioni cogenti per la fruibilità e la mancanza di soluzioni adeguate per piani e progetti che, peraltro, devono per legge essere formalmente asseverati in tal senso dal professionista.
L’A E oggi qual è il quadro?
FV Prima del 1989 il tema non era considerato dagli operatori, poi sono intervenuti alcuni miglioramenti che non sempre hanno soddisfatto. Ora c’è la comprensione che se si dedica la dovuta attenzione alle norme si raggiunge anche il risultato di innalzare la qualità del prodotto che contribuisce a renderlo attrattivo anche per gli utenti con disabilità, temporanea o non, che rappresentano circa 25 per cento della popolazione europea.
L’A Codice della Strada e arredo urbano dispongono di norme sull’accessibilità. Viste le quotidiane difficoltà nel percorrere piazze e marciapiedi, cosa non ha funzionato?
FV Le norme sono precise ma la loro applicazione non è conseguente. Una rampa, seppure realizzata rispettando le prescrizioni, può risultare sbagliata se non è correttamente collocata nel contesto ambientale. Non c’è stato sufficiente aggiornamento nelle professioni tecniche che invece richiedono una formazione continua.
L’A Ti sei occupato di centri storici che per opinione diffusa sono visti come luoghi intoccabili. Che fare?
FV Spesso si ritiene di salvaguardarli presidiandone l’invariabilità, ma vale di più non modificare un castello, ad esempio introducendo un ascensore, o conferire maggiore attenzione all’uomo dando supporto alla sua possibilità di fruire, vedere, vivere la bellezza di quel luogo pregiato? Nella cultura degli addetti alla progettazione deve farsi largo la convinzione che anche nei confronti dei beni storici e architettonici devono essere rispettate le norme vigenti per la fruibilità. Hanno suscitato clamore gli ascensori al Colosseo realizzati da 15 anni che hanno contribuito non poco al potenziamento della sua frequentazione.
L’A Nella normativa antincendio del 1994 compare la tua definizione di “spazio calmo”. È l’inizio di una nuova relazione con i luoghi?
FV In una lezione sull’accessibilità, alla Facoltà di Architettura di Venezia nel 1984, ho affrontato un aspetto fino a quel momento trascurato. Nel rapporto tra norme antincendio e fruibilità avevo notato che mancavano soluzioni in grado di consentire a chi ha difficoltà di movimento di raggiungere dei luoghi sicuri con la stessa facilità di chi può muoversi senza problemi. Ho quindi proposto di realizzare lungo le vie di fuga degli spazi protetti con adeguate caratteristiche di raggiungibilità da parte di tutti: degli “spazi calmi” per proteggersi dal pericolo.
L’A E per le città?
FV Certo, il problema lo riscontriamo anche sui lunghi percorsi urbani che dovrebbero comunque essere migliorati con la realizzazione di “nodi”, a una distanza di circa 100-150 metri l’uno dall’altro, attrezzati anche per consentire la sosta di persone anziane o con difficoltà di movimento. E anche per fornire servizi di noleggio temporaneo di sedie a ruote ed elettro-scooter, in analogia, ad esempio, a quanto avviene da tempo in altri paesi europei come Inghilterra, Francia e Svezia.
L’A La legislazione italiana (L.41/1986 e L.104/1992) impone agli enti pubblici di dotarsi di PEBA, Piani eliminazione barriere architettoniche, che da alcuni sono considerati superati. Cosa ne pensi?
FV Ne sono a conoscenza, alcuni, ad esempio, propongono di elaborare Piani dell’accessibilità. Al proposito ritengo utile rammentare che la normativa nazionale vigente, reiterata nel 2001, prescrive che tutti gli enti pubblici avrebbero da tempo dovuto dotarsi di PEBA. Peraltro nessuno vieta di integrare e approfondire i relativi, invero molto scarni, contenuti tecnici e amministrativi (pubblicizzazione degli atti e approvazione, modalità di attuazione, ecc). Modificare il nome dello strumento PEBA, creando quindi una certa confusione, potrebbe avvenire solo mediante una nuova legge statale per garantire la possibilità di raggiungere gli obiettivi dichiarati. Cioè di rendere fruibili a tutti gli edifici pubblici dei vari enti, nonché la relativa viabilità di collegamento, al fine di migliorare la qualità degli spazi urbani per tutti.
L’A Oggi come potrebbero operare i PEBA?
FV È necessaria una rilettura delle norme vigenti per una concreta applicazione delle stesse. Se tutti gli enti pubblici si devono dotare di un PEBA occorre suggerire loro strumenti e modalità per ottenere il giusto coordinamento e l’integrazione dei diversi interventi, mediante accordi sui tempi e priorità. Inoltre, in particolare nelle città medie e grandi si riscontrano notevoli difficoltà nell’affrontare con un unico piano aspetti così complessi. A tale scopo ritengo una soluzione migliore predisporre più strumenti delimitando ambiti più contenuti e di maggiore urgenza, tenendo conto delle attività e dei luoghi con più frequentazione e presenze turistiche. Ovviamente avendo cura di definire una logica unitaria dei criteri, un’integrazione dei tempi di attuazione e un collegamento anche spaziale dei diversi interventi.
L’A Quali sbocchi si possono prevedere per la professione?
FV C’è molto da fare per migliorare la qualità degli spazi pubblici e privati. Occorre perciò fornire notizie chiare e ricordare le prescrizioni cogenti e le relative responsabilità professionali e morali al maggior numero possibile dei colleghi. È necessario convincere che un progetto che non presenti barriere è un progetto “normale” e un progetto che contenga ostacoli e fonti di pericolo è un progetto comunque “sbagliato”.
L’A Nel turismo cosa si dovrebbe fare?
FV Un’operazione capillare d’informazione, in particolare rivolta agli albergatori, sottolineando che è dimostrato che una struttura ricettiva senza barriere architettoniche risulta molto più frequentata e attrattiva. Inoltre è necessario fare capire che non ha senso realizzare camere sgradevoli e “ospedaliere” per rispettare la quota dei posti letto richiesta dalle norme vigenti.
L’A Per i beni culturali quali sono le tue indicazioni?
FV Per l’occasione del Giubileo del 2000 la Regione Lazio aveva assegnato finanziamenti per rendere più fruibili e accessibili i Mercati Traianei. Dopo un’iniziale titubanza la competente Soprintendenza comunale ha modificato l’atteggiamento che non ammetteva interventi di adeguamento e sono state realizzate opere importanti, qualitativamente adeguate al prestigio del luogo e che hanno contribuito ad aumentare il numero di visitatori. Un altro esempio è l’adeguamento di Villa d’Este a Tivoli per consentire la visitabilità di tutti. Oltre al museo, il progetto ha affrontato l’accessibilità del parco monumentale, caratterizzato da grandi differenze di quota, individuando con fantasia soluzioni alternative che consentono di affrontare percorsi difficili oggi fruibili anche dalle persone con difficoltà motorie mediante l’uso di piccoli veicoli elettrici condotti, su richiesta, dal personale.
L’A Nel 1998 elabori il Progetto dell’Unità Abitativa Sperimentale denominata “Casa Agevole” che viene realizzata, al vero, alla Fiera di Roma. Come lo modificheresti oggi?
FV È un progetto ancora valido. Ci sono spazi compatti, ma la fruibilità ha un livello costante in tutte le parti dell’alloggio e il costo è inferiore a quello di un’abitazione tradizionale. Oggi potrebbero anche essere introdotti utili apporti della tecnologia informatica e della domotica.